L’attenzione al benessere animale conviene a tutti. Anche quando parliamo di filiera lattiero casearia. È scientificamente dimostrato, infatti, che a migliori condizioni di vita corrispondono una migliore produzione e di maggior qualità.
Si tratta, inoltre, di una tematica di crescente interesse nell’opinione pubblica. Secondo una recente ricerca Eurobarometro il 43% dei consumatori italiani sarebbe già disposto a pagare di più per prodotti più rispettosi del benessere degli animali.
A questo principio si affianca anche la normativa sul benessere animale. A partire dagli anni ‘60 nell’opinione pubblica c’è stata una progressiva presa di consapevolezza circa il valore del rispetto di ogni forma di vita, che si è riflettuta anche nella legislazione.
Per benessere animale non si intende solo la salute e il benessere fisico dell’animale. Questa condizione viene definita come “lo stato di completa sanità fisica e mentale che consente all’animale di vivere in armonia con il suo ambiente” (Huges, 1976). Alla base delle attuali concezioni del benessere animale ci sono “cinque libertà” fondamentali (riconosciute per la prima volta dal Parlamento inglese nel 1965). Scopriamo quali sono.
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La prima libertà necessaria a garantire il benessere di un animale è quella dalla fame, dalla sete e dalla cattiva nutrizione. Si deve garantire, quindi, all’animale l’accesso ad acqua fresca e una dieta che lo mantenga in piena salute. Si parla della qualità, della quantità e della frequenza dei pasti. Queste devono essere stabilite a seconda delle caratteristiche dell'animale come fisiologia, età, sesso e delle esigenze etologiche. Considerando questi aspetti, la dieta del bestiame sarà adeguata e bilanciata.
La seconda libertà riguarda l’ambiente fisico in cui l’animale vive, che dev’essere adeguato alle sue esigenze e comprendere ricoveri e una zona di riposo confortevole. È necessario, in altre parole, fornire un ambiente in cui l’animale possa muoversi, e riposare. Gli spazi di stabulazione, ad esempio, devono essere ampi, accoglienti, puliti, aerati, adeguatamente illuminati e privi di fonti di disagio.
La terza libertà alla base del benessere animale è quella dal dolore, dalle ferite, dalle malattie. Bisogna adottare tutte le misure per prevenire possibili rischi fisici ai danni dell’animale, garantirgli condizioni tali da mantenerlo in un buono stato di salute e saper diagnosticare e trattare stati di malessere nei tempi adeguati. Un’attenta valutazione e una diagnosi precisa evitano ingiuste sofferenze, ma anche garantiscono l’incolumità degli altri animali e delle persone.
Al quarto posto fra le libertà fondamentali del benessere animale c’è quella di manifestare le caratteristiche comportamentali della propria specie. Bisogna, cioè, permettere all’animale di attuare, quanto più possibile, gli schemi di azione e di relazione che sono insiti nella sua natura. A questo scopo devono essergli forniti spazi adeguati, locali appropriati e la compagnia di altri soggetti della stessa specie.
Ultima, ma non per importanza, è la libertà dalla paura. Questa condizione si raggiunge assicurando agli animali trattamenti che evitino timori e sofferenza psicologica. Ciò comporta tenere conto delle loro esigenze riconoscendoli come esseri senzienti in grado di provare stress, paura e altre emozioni negative. Le condizioni di vita degli animali devono, quindi, essere regolate in modo da ridurre al massimo le circostanze che le producono.
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Le cinque libertà, quindi, individuano un sistema di allevamento che assicura il soddisfacimento dei bisogni fisici dell’animale, compresi quelli comportamentali insiti nella sua natura, e che gli evita disagi fisici e psicologici. Ciò prevede non solo l’impiego di cibi, dispositivi di abbeveramento, illuminazione, condizionamento, ecc. Ma anche una vera e propria progettazione degli spazi e organizzazione del lavoro sulla base del benessere animale.
Su questi stessi principi si basa anche la Convenzione europea sulla protezione degli animali negli allevamenti. L’ente competente per la tutela del benessere animale in UE è l’EFSA: l’autorità per la sicurezza alimentare. Questo perché è riconosciuto un rapporto tra condizioni di vita degli animali e salute umana. Il suo scopo è quello di assistere tutti gli organi europei nell’individuazione di metodi atti a ridurre dolore, disagio e sofferenza inutili per gli animali e migliorarne il benessere.
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Nel nostro paese è il Ministero della Salute ad assicurare l’applicazione dei principi stabiliti dalle norme europee. Lo fa attraverso il CReNBA, il Centro di referenza nazionale per il benessere animale, che fissa le linee guida e monitora la situazione in tutta Italia. A questo scopo è stato definito un “Piano Nazionale per il Benessere Animale” che prevede controlli annuali sugli allevamenti italiani, il coordinamento tra le varie autorità competenti e attività di formazione specifica per veterinari e allevatori.
Ma qual è il livello di rispetto della normativa sul benessere animale nel nostro paese? Secondo la relazione finale relativa al Piano Nazionale Integrato 2018, il 95% degli allevamenti bovini ispezionati sono risultati conformi alle norme in materia di benessere animale. Una percentuale leggermente superiore a quella relativa agli allevamenti in generale (94%). A riprova dell’attenzione della filiera lattiero casearia verso la qualità di vita degli animali che permette di fornire prodotti più buoni e sicuri a tutti i consumatori.
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